Si tratta di un' abitudine dei più, controllare cosa si dice sui social media di una persona che abbiamo appena conosciuto. Che sia un incontro professionale o personale, dare un’occhiata alla reputazione digitale di qualcuno è prassi. Potremmo disquisire su quanto sia “giusto” o “sbagliato” ma non credo sia un piano di riflessione interessante visto che il dato di fatto è che accade sempre più spesso. Tanto più in un'epoca in cui i big data sono diventati così importanti e quindi tutto ciò che facciamo online ha un peso specifico importante.
Per capire meglio come districarsi in questo ambiente una prima distinzione importante va fatta: l’identità digitale e la reputazione digitale sono due elementi differenti. In parte possono sovrapporsi, di sicuro si influenzano, ma non sono la stessa cosa. Noi possiamo agire in modo diretto sulla nostra identità online, scegliendo per esempio che tipo di contenuti pubblicare (foto, testi, video ecc.) e cercando di costruisci un profilo, trasversale alle varie piattaforme che usiamo, che tenda a rappresentare la nostra personalità (o per lo meno le parti di essa che desideriamo rendere pubbliche). Quindi abbiamo un potere diretto sulla nostra identità virtuale: saremo noi a selezionare cosa dire.
La reputazione invece si riferisce a tutt’altro emisfero d’azione: si tratta di ciò che gli altri dicono su di noi. E quindi capite bene che sulla reputazione abbiamo poco margine di operare, per lo meno non in modo diretto in quanto non è possibile gestire ciò che altre persone pensano o scrivono su di noi. Ecco perché talvolta la gestione della reputazione digitale ha dei risvolti legali non indifferenti e quindi gli avvocati sono chiamati a prendere le difese di chi vede la propria reputazione diffamata.
Reputazione e social network
A tal proposito, per chi fosse interessato, segnalo il libro “Reputazione e social network” di Alessandra B. Fossati, Munari Cavani Publishing. Un testo scritto da un’avvocata per chiunque sia interessata a comprendere i temi della diffamazione online e del diritto all’oblio, con una descrizione meticolosa e chiara del contesto legale in cui ci si muove. Nel libro si trovano svariati esempi di sentenze emanate dai tribunali italiani in caso di dispute a proposito di diffamazione online.
Sanzionato per dei profili falsi
Un episodio riportato riguarda la sentenza del Tribunale penale di Lecce che nel 2018 ha condannato a 9 mesi di carcere, senza sospensione condizionale della pena, e al pagamento di 8.000€ come risarcimento del danno e rimborso spese legali in favore di Tripadvisor, il titolare di un’azienda del Salento, colpevole di aver utilizzato false identità, compiendo così il reato di sostituzione di persona, al fine di commettere truffe. Insomma, si potrebbe pensare che si tratti soltanto di qualche recensione falsa su un portale di viaggi e vacanze e invece diventa una questione molto seria tanto da vedere implicati carcere e risarcimenti.
Quindi attenzione a come gestiamo la nostra identità online ma anche a come contribuiamo a costruire la reputazione digitale altrui.
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